bilingual blog

this is a bilingual blog written by a single mom who is like many others but who somehow is also different :-)

giovedì 25 aprile 2013

stregata dalla luna

nulla a che vedere con l'eclissi di luna di poco fa, peraltro. anche se a me veder la luna piena senza un pezzettino fa sempre un gran bell'effetto. è solo che per merito (io dal mio vocabolario ho cancellato la parola colpa. a tutto c'è un perché) di Claudia, l'amica sciamana e lontana, da un paio di mesi a questa parte ho scoperto il calendario lunare. bella scoperta, direte voi. ma mica ho scoperto quando cala e quando cresce la luna. quello lo vedo già sulla mia moleskine. no. ho scoperto l'antica saggezza delle nonne e dei contadini, coloro che lasciavano che le attività quotidiane fossero scandite dal ritmo della luna.

così ora so (e comincio a sentire) che differenza c'è tra un giorno con la luna in segno d'acqua e uno con la luna in segno di fuoco. e so che con luna calante è più facile pulire e lavare e smacchiare, che con luna crescente si pianta e si rinvasa e ci i fa la tinta ai capelli, che così dura di più. che se la luna è calante in segno d'acqua bisogna approfittare per fare i bucati difficili, perchè vengon meglio. che guai a pulire i vetri con luna crescente, si vedon subito gli aloni. e che la cura delle unghie non va mai fatta di sabato, mentre il venerdì dopo il tramonto è perfetto. 

ora scusate, ma devo andare. che domattina ho da partir presto e devo prima mettere a mollo i bucati difficili (che sarò via proprio nei due giorni in segno d'acqua ahimè) e allora ho da finir la valigia sul veloce. e poi doccia e anticellulite. che c'è il plenilunio. e l'attacco alla buccia d'arancia va sferrato a partire da stanotte.

ps : prima di chiamare la neuro e farmi internare, dovreste provare. o documentarvi oltre. per esempio qui (ma è in tedesco) o qui (che è meglio). e se v'intriga, compratevi il dizionario della luna (ma sappiate che non ne uscite più...)

la prima volta che ho mangiato i piselli davvero


Gilberto era il nonno di Barbara, ma poteva tranquillamente essere anche il mio, tanto era il tempo che io, che dalla morte del babbo mi son sempre sentita una senza famiglia, trascorrevo a casa sua. C’erano famiglie che diventavano automaticamente la mia (seconda, terza, quarta…), per osmosi. La sua era una di quelle. Così Gilberto, in fondo, era un po’ anche mio nonno. Perfino se era talmente giovane da esser assai poco credibile come nonno persino per Barbara, che sua nipote lo era per davvero ma che invece lo chiamava papà.

Aveva occhi vivi e scuri, braccia grandi, capelli folti e mani magiche. Credo che oggi lo definirebbero un pranoterapeuta o roba così. Allora lo chiamavano semplicemente “il mago”. Il suo vocione tradiva l’accento garfagnino della nascita dietro la cadenza francese presa da sfollato oltre confine in tempo di guerra. Lui, per dire, Barbara l’ha sempre chiamata Barbarà. Aveva l’aria da burbero, e invece aveva un cuore grande così.

Quando non lavorava e gli veniva a noia di stare in città, si esiliava volontariamente a Vecoli, dove possedeva un largo appezzamento di terreno coltivato a orto con ogni ben di dio e un prefabbricato che per lui – e per tutti coloro che gravitavano attorno alla sua orbita – era una sorta di residenza estiva, un po’ quel che Schönbrunn doveva aver rappresentato per gli Asburgo quando fuggivano dalle mura del Hofburg.

Gilberto vangava, arava, seminava, zappava senza sosta e la Beppina, la su’ moglie, cucinava, discorreva, s’arrabattava e badava a mettere in dispensa o in congelatore i frutti del raccolto.

Io, che provenivo da una città ancor più città di quanto non fosse Lucca, avevo viaggiato per laghi, per mari e per monti, ma la campagna, quella vera, proprio non l’avevo vista mai. Le pesche per me avevano ragion d’essere soltanto dentro alle cassette di legno dell’ortolano, le fave manco sapevo che esistessero e i piselli potevano esser solo in scatola e Cirio. Forse – ma non posso dirlo con assoluta certezza – studiando Darwin mi si era instillato il dubbio che *prima* di finire in scatola potessero magari avere un altro aspetto, tuttavia non credevo differissero di molto da ciò a cui ero abituata. Ad ogni buon conto, so per certo di aver scoperto l’esistenza dei baccelli soltanto a Vecoli.

Ricordo un’atmosfera calda e gioviale, vino ne’ fiaschi, la Beppina che trafficava in su e in giù (non sta mai ferma quella donna, manco ora che ha ottant’anni!), la sua amica Palmira che friggeva frati nemmeno dovesse sfamare un reggimento ( e tutti, attorno, a cercare di carpirle la ricetta che lei si tenne sempre bella stretta e segreta), e ricordo risa, chiacchiere e fave gnude e pecorino fresco e olive piccole, in salamoia. E l’olio novo. E i piselli. Ciotole colme di piselli sgranati, grossi e sodi e di un bel verde brillante. La nuance verde pisello fu per me, in effetti, un’altra scoperta, abituata com’ero al verde stantio di quelli in scatola. Ma ciò che mi lasciò più basita, dopo che la Beppina li ebbe cucinati, furono la consistenza ed il sapore. Nulla a che vedere col molliccio e col retrogusto da brodo di lattuga zuccheroso e dolciastro dei Cirio, ovviamente. Dev’esser stato allora, quella prima volta che ho mangiato i piselli davvero, che ho imparato che può esister la dolcezza anche se non c’è zucchero. Un po' come in amore.
 
Da allora, ogni volta che posso, quand’è stagione, compro piselli freschi. E, ogni volta, mentre li sgrano, ripenso a Gilberto, ai suoi occhi neri, alle sue mani forti e al suo cuore grande.

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 questo (non) racconto partecipa all'EDS ipogeusia de La Donna Camèl insieme a

domenica 21 aprile 2013

ritorno a casa - back home

dopo due sole settimane da questo viaggio, la vita mi ha riportato a Vienna. un viaggio di lavoro in concomitanza con un finesettimana. e nel mio caro vecchio hotel a cavallo tra il 6° e il 7° distretto, dove io mi sento a casa. quattro giorni pieni di riflessi, colori, design, amici, musica, colleghi, soddifazione professionale e non. perché se il cameriere ti chiede stupito: "ah, lei non è di vienna?" e la commessa che ti vende gli occhiali da sole ti chiede "in che distretto vive?" sorridi. e sai che sei a casa davvero.

only two weeks after this trip my life ha brought me back to Vienna, a business trip near to a weekend. and to my dear old hotel, between the 6th and the 7th district, where it feels like home.  four days full of reflections, colors, design, friends, music, colleagues, and both professional and personal satisfaction. because if a waiter asks you amazed: "ah, you're not from vienna?" and the shopgirl who sells you your new sunglasses asks you "in what district do you live?" you smile. and you know that you're really at home.

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 P.S.: nel viaggio precedente, ho alloggiato in un hotel di design talmente nuovo da essere ancora in costruzione. soltanto i due piani più alti e l'attico dove facevamo colazione erano aperti. il resto dell'edificio era coperto da palizzate. mancavano i collegamenti elettrici e i pavimenti. ma all'interno gli operai lavoravano incessantemente, anche durante il weekend. ci sono tornata, dopo due sole settimane. è ho avuto l'ennesima conferma che se mi trasferissi qui vivrei in un posto migliore.

PS: in my previous trip, I stayed in a design hotel so new that it was still under construction. only the top two floors and the attic where we ate breakfast were open. the rest of the building was covered with palisades. all the electrical connections and the floors were still missing. but inside people worked incessantly, even during the weekend. I went back there after only two weeks. just to get another confirmation that if I moved here, I would live in a better place.
 
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lunedì 8 aprile 2013

due parole verso il cielo - two words towards heaven

auguri, babbo. buon compleanno.

mamma stamani mi ha scritto che saresti stato fiero di me, sapendomi all'estero e in gamba con le lingue straniere.

beh, quello è un amore che mi hai passato tu, attraverso il sangue. assieme a quello per il jazz e per la fotografia.

in fondo, sei sempre con me.

happy birthday, dad.

mom wrote me this morning that you would have been proud of me, knowing that I am abroad and that I'm good at using foreign languages.

well, that's a love that you tranferred to me through the blood. together with the one for jazz and the one for photography.

after all, you are always with me.

lunedì 1 aprile 2013

viennart

dopo due anni di assenza sono tornata nella città europea che amo di più. tre giorni e mezzo (con tanto di madre al seguito) tra design e arte. a riempirmi gli occhi di colori, forme, riflessi. e il cuore di ricordi e magie.

after two years of absence I went back to european town I love most. three days and a half (with my mother) between design and art. where I could fill my eyes with colors, shapes, reflections. and my heart with memories and magic.

 
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